
Kate J. P. Lowe. Nuns' Chronicles and Convent Culture in Renaissance and Counter-Reformation Italy. Cambridge and New York: Cambridge University Press, 2004. xvi + 437 pp. $100.00 (cloth), ISBN 978-0-521-62191-5.
Reviewed by Gabriella Zarri (Dipartimento di studi storici e geografici, Università di Firenze, Italy)
Published on H-Italy (January, 2007)
Il libro contiene molto di più di quanto il titolo promette. Partendo infatti dalla analisi di tre cronache monastiche dei secoli XVI e XVII, l'autrice si allarga a illustrare diversi aspetti della vita delle monache italiane del Rinascimento, dalla scrittura e rappresentazione di sé, al modo di vivere quotidiano e alla cultura materiale, fino alla committenza artistica all'interno delle chiese e dei monasteri. Un affresco che si presenta a tutto tondo, allargando la ricerca dalle singole cronache ad altre testimonianze documentarie conservate negli archivi una volta appartenuti ai conventi e ora depositati in istituzioni e in biblioteche pubbliche.
Il volume, di oltre 400 pagine, si articola in tre parti: la prima dedicata alle cronache come scritture di storia e alle loro autrici; la seconda al contesto storico e culturale in cui le monache croniste vivono; la terza alle forme di cultura che forniscono identità alla istituzione conventuale. Il lavoro ha comportato una ricerca di molti anni, che è stata anticipata in diversi saggi sulle cronache e i monasteri oggetti dello studio.
Il proposito del libro è quello di interrogare le cronache monastiche nella prospettiva della storia delle donne, secondo le indicazioni metodologiche fornite da Gianna Pomata, Silvia Evangelisti ed Elissa Weaver, e scegliendo il procedimento comparativo indicato da Robert Brentano come "connected differences."[1] L'autrice si pone dunque nell'ottica di una collaudata storiografia che può valersi di un numero notevolissimo di studi interdisciplinari sui monasteri italiani molti dei quali hanno potuto fornirle fonti e bibliografia. Non si comprende perciò la polemica verso gli studi del passato, costruiti sulle visite pastorali e sui documenti ecclesiastici, in un campo d'indagine tra i più arati e rinnovati degli ultimi trent'anni, se non perché serve a chiarire la posizione ideologica dell’autrice: gli storici italiani hanno preferito descrivere la vita nei monasteri attraverso i documenti repressivi per l'egemonia della chiesa cattolica e della storiografia maschile del secolo diciannovesimo (p. 1).
Chiarita fin dall'introduzione l'ottica interpretativa dell'autrice, il lettore è condotto meticolosamente a riflettere sul problema delle cronache monastiche come composizioni letterarie e come scritti storici, per poi venire a conoscenza delle monache scrittrici. Le cronache prescelte per l'analisi comparativa riguardano tre monasteri di importanti città dell'Italia centro-settentrionale (Venezia, Firenze, Roma) e tre ordini religiosi diversi (canonichesse regolari, benedettine, clarisse). Le tre cronache rappresentano anche periodi storici differenti (la prima del 1523, le altre della fine del Cinquecento e del primo decennio del Seicento) e, soprattutto, una profonda disparità di significato storico e storiografico.
Mentre le cronache del convento delle Murate di Firenze e delle clarisse di San Cosimato a Roma hanno lo scopo di fare memoria dell'origine del convento, dei principali eventi occorsi fino alla data di composizione e delle figure considerate come esempi di santità, la cronaca di Santa Maria delle Vergini a Venezia ha una finalità ben diversa: quella di provare l'antichità, i privilegi, le esenzioni del monastero in un momento di forte contrasto con l'autorità ecclesiastica che pretende di imporre alle canonichesse una regola diversa da quella fino ad allora professata. Pur nella disparità di scopi e di forme discorsive, le cronache prescelte hanno un carattere comune: quello di proporre una visione dell'origine del monastero che ne esalti la nobiltà e la dignità sociale piuttosto che l'osservanza monastica. Solo nel caso delle clarisse di San Cosimato si fa riferimento alla rifondazione del convento a partire dalle riforme osservanti del secolo quindicesimo e si può quindi percepire un legame tra il monastero romano e l'ordine di appartenenza. Il campione di cronache prescelto si presta perciò meglio a indagare sul carattere della scrittura storica delle donne come 'storia particolare,' secondo la felice espressione di Gianna Pomata, che non come storia monastica, per la quale esistono referenti precisi che danno conto della professione e morte delle monache, menzionano i benefattori, riferiscono sulle visite e gli ordini delle autorità superiori, come nel Memoriale delle Clarisse perugine di Monteluce, iniziato alla metà del secolo XV e proseguito fino al Novecento.
Discorso a sé merita poi la Cronaca del convento delle Vergini di Venezia, testo veramente degno di attenzione, come dimostra il fatto che dal momento della sua segnalazione da parte di Elissa Weaver, sia stato studiato contemporaneamente da più persone con prospettive e conclusioni decisamente diverse. Avrebbe giovato alla comprensione del testo sapere subito che la parte cronachistica vera e propria si concentra nelle pagine finali dello scritto, composto di 63 fogli, dove in 12 fitte pagine la redattrice della storia, che giustamente l'autrice identifica in una canonichessa, notando la diversità di stile e di accento rispetto alle pagine precedenti, narra gli eventi occorsi tra il 19 maggio e il 4 luglio 1519. In questo breve lasso di tempo si svolge infatti la vicenda dell'intimazione del vescovo alle canonichesse di accettare l'osservanza e del deciso rifiuto delle monache ad accoglierla. Sono questi gli eventi che giustificano l'inizio della "opera dolorosa chiamata luctus omnium monialium conventualium Venetiarum" ( ms. Correr 317, f. 58r ), cioè della narrazione dei fatti contenuta nelle 12 pagine finali del testo, e danno avvio alla redazione della intera cronaca in chiave di accentuazione della antichità e dei privilegi di esenzione della comunità canonicale.
L'autrice del volume sostiene la tesi che un'anonima canonichessa /compilatrice redige la cronaca su documenti ora dispersi, ma sconosciuti anche alle monache del 1613, che ignoravano pure l’esistenza della Cronaca in questione (p. 29). Questi documenti facevano risalire la fondazione del monastero a Giulia, figlia di Federico Barbarossa, e ad una donazione da parte del doge Sebastiano Ziani, avvenuta nel 1117 durante lo storico incontro tra il doge, Barbarossa e Alessando III, incontro in cui il papa avrebbe fatto molti doni a Venezia e avrebbe dato inizio alla cerimonia dello Sposalizio del mare, uno degli elementi cerimoniali che dovevano entrare a far parte del mito di Venezia. Gli eruditi veneziani tuttavia, a partire dal diciottesimo secolo, sostengono che il monastero venne fondato una cinquantina di anni dopo, ad opera del doge Pietro Ziani, in occasione di un altro incontro con il Papa Onorio III e l'Imperatore Federico II. Gli storici del ventesimo secolo hanno accolto quest’ultima tesi, in considerazione anche del fatto che le circostanze oggettivamente simili tra effettiva fondazione e vicenda precedente si prestavano ad una credibile retrodatazione dell'evento, cosa assai comune nelle cronache monastiche medievali. Non è così per l'autrice del volume che con molta acribia sostiene la veridicità della cronaca delle Vergini, la quale narra gli eventi della fondazione del monastero e della professione e morte della prima abbadessa Giulia illustrandola con belle miniature, a cui aggiunge anche la illustrazione dei doni dati dal papa Alessandro III al Doge e la cerimonia dello Sposalizio del Mare. Lascerò al lettore la valutazione degli argomenti portati a favore della tesi della fondazione da parte della sconosciuta figlia di Federico Barbarossa, e mi limiterò a sottolineare che la compilatrice della cronaca del monastero delle Vergini non poteva comunque far risalire al 1117 la cerimonia dello sposalizio del mare, iniziata molto tempo dopo, né pretendere che l'Ordine dei Canonici di San Marco di Mantova fosse stato fondato da Marco Evangelista. Come considerare fonti storiche i discorsi fatti in lode delle abbadesse, a partire dalla presunta fondatrice Giulia, è un altro elemento da valutare.
E' impossibile soffermarsi su tanti altri punti degni di attenzione del volume, le cui parti più riuscite sono, a mio parere, quelle riguardanti gli aspetti artistici e sociali. Occorrerà tuttavia dire che la lettura del libro non è agevolata dalla scelta comparatistica dell'autrice, che frammenta continuamente le informazioni, né dalla scelta editoriale di limitare al massimo le note, così da non dar conto spesso della natura dei documenti citati. Mi limiterò a segnalare alcune sviste che riguardano le canonichesse veneziane, spesso indicate come monache agostiniane nei documenti quattro-cinquecenteschi e in molti degli studi attuali. In questo studio sono giustamente presentate come canonichesse, ma con molte oscillazioni: non si possono definire canonichesse agostiniane (p. 186 ), bensì di San Marco di Mantova; né le osservanti che il vescovo introduce in convento sono canonichesse (p. 151) ma appartengono ad un altro Ordine religioso. Si dovrà inoltre segnalare che lo studio attribuito a Mario Rosa (p. 227. nota 1) è invece di Michele Rosi.
Note
[1]. Gianna Pomata, "Storia particolare e storia universale: in margine ad alcuni manuali di storia delle donne," Quaderni storici, 74 (1990): 341-85; Silvia Evangelisti, "Angelica Baitelli, la storica," in Barocco al femminile, ed. G. Calvi (Bari: Laterza, 1992), 71-95; Evangelisti, "Memorie di antiche madri: i generi della storiografia monastica femminile in Italia (sec. XV-XVIII)," in La voz del silencio, I: Fuentas directas para la historia de las mujeres (siglos VIII-XVIII), ed. Cristina Segura (Madrid: Asociación Cultural al-Madayna, 1992), 221-49; Evangelisti, "Moral Virtues and Personal Goods: The Double Representation of Female Monastic Identity (Florence, Sixteenth and Seventeenth Centuries)," in Women in the Religious Life, ed. Olwen Hufton (Florence: European University Institiute, 1996), 35-60; Elissa Weaver, Convent Theatre in Early Modern Italy: Spiritual Fun and Learning for Women (Cambridge: Cambridge University Press, 2002); Weaver, "Le muse del convento: la scrittura profana delle monache italiane (1450-1650)," in Donne e fede: santità e fede religiosa in Italia (Bari: Laterza, 1994), 253-76; Robert Brentano, Two Churches: England and Italy in the Thirteenth Century (Princeton: Princeton University Press, 1968).
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Gabriella Zarri. Review of Lowe, Kate J. P., Nuns' Chronicles and Convent Culture in Renaissance and Counter-Reformation Italy.
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