Miles Pattenden. Pius IV and the fall of the Carafa: nepotism and papal authority in Counter-Reformation Rome. Oxford University Press, 2013. 154 pages. ISBN 978-0-19-967062-8.
Reviewed by Flavio Rurale (Università di Udine)
Published on H-Italy (August, 2014)
Commissioned by Matt Vester (West Virginia University)
Pio IV contro la famiglia Carafa. Forza e debolezza della monarchia pontificia, with author's response
Il volume di Miles Pattenden ha per oggetto i processi voluti da papa Pio IV--immediatamente dopo la sua elezione e prima di riaprire il Concilio di Trento (1560-61)--contro alcuni esponenti della famiglia Carafa, familiari del defunto Paolo IV (i cardinali Carlo e Alfonso, e Giovanni conte di Paliano), e altri curiali come Innocenzo del Monte e Scipione Rebiba: accusati di corruzione, furti, abuso di potere, assassinio. I nipoti Carlo e Giovanni, giudicati colpevoli, vennero condannati a morte, Alfonso ebbe salva la vita ma cadde in disgrazia e gli fu comminata un’elevata pena pecuniaria.
Il volume copre senz’altro una lacuna e offre interessanti spunti di riflessione. I motivi del successo di Pio IV, nell’avviare il processo e ottenere infine la condanna, sono così sintetizzati: 1) la debolezza e l’isolamento dei Carafa in curia e a Roma (e in generale nell’Italia spagnola, p. 46); 2) la loro impreparazione di fronte all’abilità politica messa in campo in questa vicenda dal nemico Pio IV; 3) l’impossibilità per loro, pena l’accusa di non rispettare l’autorità papale, di disconoscere Paolo IV, attribuendogli ogni colpa. I numerosi cardinali, coinvolti come testimoni, espressero inoltre (seppure con alcune differenze) un sostanziale disinteresse verso la loro vicenda, al pari dei principi italiani e di Filippo II, che abbandonarono i Carafa al loro destino.
Il processo non chiarisce se i Carafa fossero davvero colpevoli (in fondo interessa poco nell’ambito di un sistema che usava i tribunali penali come strumenti di lotta politica), se in particolare quanto commesso da Carlo fosse coerente con le scelte di Paolo IV o contro la sua volontà; se le sue azioni fossero invece dovute a manchevolezze sue proprie. L’autore, a partire da questo evento e da questi dubbi, sposta l’attenzione su altre questioni, inerenti all’esercizio del potere pontificio nel ‘500. La vicenda mette infatti in moto un dibattito sul ruolo dei ministri del papa (nipoti e non) di particolare interesse, ponendo l’accento sulle modalità di affermazione della monarchia pontificia e di istituzionalizzazione del nepotismo seicentesco studiato da Wolfang Reinhard. L’analisi delle carte processuali ha permesso così di evidenziare le debolezze della monarchia papale, le difficoltà e gli ostacoli frapposti alla costruzione di un assolutismo moderno: quanto, si chiede Pattenden, di ciò che il cardinal nipote Carlo trattava con altre autorità secolari ed ecclesiastiche era effettivamente impartito dal papa? Quale fu il grado di obbedienza ai suoi ordini? Insomma, il nepotismo e la dialettica pontefice-nipoti impongono giustamente una riflessione sul tema della credibilità dell’azione del pontefice, tanto più in un contesto che faceva ampio uso di forme di delega dell’esercizio del potere (pp. 131-132). Si tratta di quesiti che ovviamente finiscono per riguardare anche Pio IV e i suoi rapporti con i nipoti, più in generale ogni nuova successione papale (a questo proposito avrebbe forse giovato una maggiore attenzione proprio al tema, all’epoca molto dibattuto in curia, inerente alla legittimità della nomina del successore e alla riforma del conclave, avviata proprio da Medici prima di essere nominato papa).
La scelta di Pio IV, precisa l’autore, fu innanzitutto funzionale a ristabilire la propria autorità sul collegio cardinalizio. Le specificità proprie della monarchia papale, definita una gerontocrazia, imponevano--a ogni nuova elezione--scelte volte a riconfermare il potere del neoletto sui pari (cardinali), eventualmente disconoscendo anche le scelte del predecessore. Il processo voluto da Pio IV va letto dunque anche in tale prospettiva.
I capitoli che analizzano questi problemi appaiono sostanzialmente ben costruiti e il volume dà conto dell’iter processuale chiarendo i motivi della scelta della corte (non l’Inquisizione, meglio il tribunale del governatore di Roma, p. 61), la strategia di Pio IV (che punta a sottolineare il carattere violento degli accusati e a dipingere agli occhi degli ambasciatori spagnoli la perfidia dei Carafa verso Asburgo, p. 68), la strategia di difesa dei Carafa (il tentativo di rigettare il tribunale come non avente diritto a giudicare dei cardinali, p. 73), i personaggi chiamati a testimoniare a favore e il team degli avvocati difensori (p. 87), la tortura riservata a Giovanni, pronto allora ad accusare il fratello (p. 98).
Il punto di riferimento storiografico iniziale è rappresentato dai testi classici di Leopold von Ranke e Ludwig von Pastor, da cui l’autore prende comunque le distanze. La bibliografia esaminata da Pattenden è ampia, e tuttavia presenta alcune lacune, in taluni casi davvero incomprensibili e ingiustificate. Per esempio la tesi qui richiamata di Paolo Prodi (p. 39: il processo di costruzione dell’assolutismo papale), tanto dibattuta e tanto contraddetta, meritava perlomeno un rimando al testo di Alberto Caracciolo e Mario Caravale (Lo stato pontificio, 1978); il tema al centro dell’indagine, il nepotismo, necessitava più di un riferimento all’ampia produzione per esempio di Antonio Menniti Ippolito (completamente dimenticato).
Ma ciò che in particolare colpisce è l’assenza della voce “Pio IV” dell’Enciclopedia dei papi, redatta, ahimè, dal sottoscritto: spiace che la questione diventi personale, ma non è possibile ignorarla.[1]
Gran parte della storiografia esaminata è attraversata secondo Pattenden da una tesi comune (risalente a Pastor): i papi di questo periodo, facendo proprie in un certo senso le critiche protestanti, intendono prevenire le accuse di corruzione rivolte alla curia romana, vogliono perciò limitare l’ambizione fino allora diffusa tra i pontefici di fare un uso privato del proprio ruolo (di principe temporale e autorità suprema della cattolicità). Ciò che l’autore contesta è, in definitiva, la lettura tautologica delle vicende storiche della Chiesa di Roma post-tridentina: gli studiosi che si sono occupati di questo tema hanno accettato supinamente l’idea che questo sia stato innanzitutto un periodo di trasformazione e hanno perciò prestato poca attenzione alle continuità con l’epoca precedente, alla vera personalità dei pontefici, nel caso specifico di Pio IV, al suo background culturale, ai caratteri specifici propri del suo pontificato; più in generale all’operato dei papi tridentini e post-tridentini, spesso tra loro contraddittori per scelte, strategie e comportamenti; di rinnovamento o conservazione a seconda dei casi, spesso privi di progettualità. Nulla da eccepire su questa disamina, peraltro in linea con una chiave di lettura che tende a sminuire il ruolo di svolta del Concilio.
L’autore intende dunque superare, giustamente, lo stereotipo storiografico, mettendo in chiaro la personalità molto complessa di papa Medici, la sua mente calcolatrice e opportunistica, il suo contributo all’organizzazione delle strutture della controriforma. Il risultato della sua azione, precisa Pattenden, fu quello di incrementare l’arbitrarietà dell’autorità papale e di subordinare ad essa i cardinali senza rendere più trasparenti le norme di governo della monarchia e delle istituzioni curiali.
Una conoscenza più precisa della carriera di Gian Angelo Medici, profondamente intrecciata con quella del fratello Gian Giacomo, uomo d’armi e generale di Carlo V (defunto non nel 1535 ma molto più tardi), entrambi appartenenti a una famiglia nobiliare milanese le cui vicende convulse attraversano emblematicamente il primo ‘500--conoscenze queste attingibili semplicemente, appunto, attraverso la lettura della voce dell’Enciclopedia dei papi--avrebbe permesso di superare definizioni quanto meno imprecise (il “borghese” Pio IV, p. 3) e di chiarire le origini del pragmatismo e dell’opportunismo di papa Medici, esito del suo non facile ma infine vincente percorso politico, diplomatico e militare (un papa vecchio stile, insomma), e dunque quali fossero (e, nonostante la congiuntura, quali rimasero fino alla fine) i suoi principali obiettivi: la carriera, la famiglia, i nipoti, i problemi della successione…. Altro che avviare (e giustamente questo l’autore lo sottolinea, p. 43) la riforma auspicata da parte degli zelanti!
Altri aspetti della personalità del papa, dei suoi rapporti con i Carafa e di quei primi anni di governo sono stati affrontati nella citata voce dell’Enciclopedia dei papi: i consigli militari dati da Giovan Angelo Medici a Paolo IV in occasione della guerra contro Filippo II, l’amicizia conservata con i Carafa (si veda la corrispondenza con Carlo, per esempio, a p. 37 del testo di Pattenden) fin dopo la loro cacciata dalla curia voluta dallo zio, e molto altro che l’autore riporta nel suo libro sempre, però, mancando di citare l’Enciclopedia, e ricorrendo invece ai documenti che la voce “Pio IV” o altri testi che hanno costituito altrettante fonti per la sua redazione indicano (per esempio il sostegno cercato da Medici per la nomina ad arcivescovo di Milano e, ancora, le doti e le rendite riservate in punto di morte dal papa ai familiari).
Questo modo di procedere dell’autore lascia quanto meno perplessi: proprio rispetto alla metodologia seguita, in particolare rispetto al confronto, d’obbligo per ogni studioso, con la letteratura storiografica già edita e conosciuta (quantunque lacunosa, e dunque meritevole di citazione semplicemente per essere criticata e contestata). Dunque, perché non ricordare su tutti questi argomenti la voce “Pio IV”, visto che Pattenden dimostra di conoscere l’Enciclopedia dei papi? Anzi, visto che probabilmente quella voce l’ha letta, raccogliendo alcune indicazioni archivistiche (non quelle inerenti al processo, non comprese nella voce) e bibliografiche e sostenendo nel suo saggio cose in quella sede già dette?
Lo stesso atteggiamento l’autore dimostra di tenere anche su questioni di carattere interpretativo. Una su tutte: un papato, quello di Pio IV, non di rottura ma di continuità con alcuni modelli del primo Cinquecento. Su questo e altro ancora l’Enciclopedia dei papi si esprime in maniera esplicita, ponendo le medesime questioni che Pattenden, poi, fa proprie, o su cui chiama il lettore a riflettere.
E allora perché, ripeto, non citarla? La scienza storica è anche un lavoro di squadra, fatto di accumulo di informazioni, di reciproci scambi di conoscenze, di critiche e apprezzamenti: non di ingiustificati oblii.
Note
[1]. Enciclopedia dei papi, vol. 3 (Roma: Istituto dell'Enciclopedia italiana, 2000), 142-160.
Response by Miles Pattenden:
I thank Professor Rurale for his considered and in parts quite generous review. I understand how frustrating it is when colleagues fail to cite work appropriately and I offer my sincerest apologies to Professor Rurale for the omission of his encyclopedia entry from my book’s bibliography. Professor Rurale’s account of Pius’ life in the Enciclopedia dei Papi is, of course, the go-to work of reference on the subject and I cannot explain why I failed to include it. It was certainly there in the original thesis on which this book is based and, as I did include other entries from the Enciclopedia, it should have been obvious that I had read it and taken the information it provides on board.
I take full responsibility for this error and hope that Professor Rurale will accept my assurances that it involved no deliberate attempt to deny him credit for his outstanding work. I am gratified that he sees so much common ground between his views on Pius and those I express in my book on the Carafa Trial--an indication perhaps that we are taking fruitful steps towards developing the historiography of Pius' pontificate in this regard. Research, as he notes, is a cumulative and essentially collaborative enterprise. I am therefore glad to have this opportunity to acknowledge his contribution to my own scholarship and hope that both our efforts will encourage others to pursue the questions we raise further and in new directions.
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Citation:
Flavio Rurale. Review of Pattenden, Miles, Pius IV and the fall of the Carafa: nepotism and papal authority in Counter-Reformation Rome.
H-Italy, H-Net Reviews.
August, 2014.
URL: http://www.h-net.org/reviews/showrev.php?id=41946
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